Parliamo di leadership
Leadership aziendale: che cosa vuol dire essere un "leader" oggi, tra performance e "gentilezza"
La leadership evolve coi tempi. Alla capacità di vision e di guida verso gli obiettivi strategici devono affiancarsi nuove qualità altrettanto importanti: empatia, humanity, addirittura "holding", perché il leader del post-pandemia deve saper essere "contenitore" dei timori altrui, ridare fiducia alle persone, valorizzare i talenti e fornire una convincente risposta al "perché" del nostro ruolo in azienda
La leadership aziendale è il collante dei talenti in azienda: è il leader che garantisce che le risorse interne lavorino armonicamente verso il raggiungimento degli obiettivi. Semplice? No, perché la capacità di leadership è un insieme di qualità e caratteristiche che si deve adattare alle esigenze della singola azienda e al mutare dei tempi. Lo scenario economico, sociale, culturale e, oggi, anche sanitario, chiedono alla leadership aziendale di essere flessibile e resiliente per restare efficace. Vediamo come si configura e perché è sempre più centrata sulle persone, sull’ambiente di lavoro e sui concetti di humanity e gentilezza.
Lo psicologo americano Daniel Goleman definisce la leadership come la capacità di motivare e ispirare le persone, affinché diano il meglio di sé. Il leader sa entusiasmare e nutrire la passione per una certa attività in modo da portare a fare del proprio meglio e a ottenere il risultato migliore per l’azienda e per la gratificazione personale.
Più specificamente la leadership aziendale motiva le persone e i team affinché lavorino in sintonia verso obiettivi comuni e condivisi. I leader in un’azienda sanno fissare obiettivi e guidare sé stessi e gli altri a raggiungerli.
Goleman sottolinea che la leadership è innanzitutto autoconsapevolezza. «I grandi leader sono tali perché, per prima cosa, sanno guidare sé stessi», ha affermato in un’intervista con Forbes.
Self Awareness, Self Management, Social Awareness e Relationship Management sono le caratteristiche del leader autoconsapevole indicate da Goleman.
Più in generale potremmo citare carisma, competenza, credibilità, empatia e "compassion", capacità di decidere velocemente e di mettersi in gioco, saper comunicare e coinvolgere come caratteristiche fondamentali nella leadership aziendale.
Altre doti del leader sono l’agilità e la resilienza: in un contesto in costante cambiamento e evoluzione come quello odierno (digitalizzazione, competizione globale, pandemia, ristrettezze sulla supply chain, tensioni geopolitiche…) il leader deve sapersi adattare alle circostanze, sfoderare un numero sempre maggiore di qualità personali e adottare stili di leadership diversi. Per questo l’apprendimento continuo è la chiave del successo di un leader attivo in un mondo in continuo cambiamento.
Il MIP individua 5 competenze chiave per chi assume un ruolo di leadership in azienda: capacità di prendere decisioni complesse; comunicazione efficace e persuasiva; gestione e sviluppo dei team; negoziazione e gestione dei conflitti; project management interculturale.
In particolare, sulla gestione dei team, gli esperti del Polimi scrivono che il team deve essere "coltivato con gentilezza e passione". La motivazione dei collaboratori è fondamentale per generare benessere e migliorare la performance. La leadership aziendale di successo si basa sulla costruzione di relazioni "risonanti", fondate su empatia, ascolto e osservazione attiva
Quanto al Project management interculturale, la collaborazione tra persone di diversa origine e appartenenza culturale facilita la produzione di idee innovative, ma il leader deve sapere riconoscere l’impatto provocato dall’impronta culturale. La gestione virtuosa delle differenze può consentire il raggiungimento di risultati "sorprendenti".
Goleman ha identificato 6 diversi stili di leadership, ognuno dei quali risponde a particolari esigenze aziendali. Il leader dovrebbe idealmente essere in grado di adottarne più di uno, in base ai contesti in cui opera, ai momenti e agli obiettivi da raggiungere: visionario, fondato sulla capacità di vision e di infondere passione all’intero team; democratico, basato sul coinvolgimento del team nelle decisioni; coach, il leader che sa trarre il meglio da ciascun talento; armonizzatore, un vero collante per i team; esigente, focalizzato solo sugli obiettivi, poco empatico; autoritario, impone gli obiettivi noncurante della partecipazione emotiva. Inutile dire che gli ultimi due hanno diverse controindicazioni e rispondono alle necessità di momenti di crisi o emergenza.
Oggi questi stili sono in parte superati dall’evoluzione del contesto macroeconomico. Nel post-pandemia al leader si richiedono nuove qualità. Una è quella "holding", con un termine tratto dal mondo della psicologia. Holding è il sostegno come funzione materna primaria necessaria allo sviluppo psichico del bambino, ma indica anche un "contenitore" di angosce altrui. Ed è questo che devono essere i leader oggi. «Spesso si dice che una solida vision è ciò che caratterizza un bravo leader. Ma in una crisi le persone non hanno bisogno di una vision che le ispira – sono già nella necessità di agire. Invece, hanno bisogno di quello che gli psicologi definiscono "holding" – dei leader che riconoscono le loro emozioni e le mettono in un contesto, calandole nella realtà», scrive Petriglieri. Holding descrive il modo in cui l’altro, spesso una figura autorevole, contiene e interpreta ciò che accade in tempi di difficoltà e incertezza.
«L’holding permette alle persone di incanalare il loro desiderio di agire in azioni che abbiano un’utilità pratica e permette loro di essere pienamente se stesse (anche più sane mentalmente). Le persone non si dimenticano mai di come i manager le hanno trattate di fronte a una perdita. Sono i leader che fanno da "contenitore" durante una crisi che tengono a galla le loro organizzazioni e a cui le organizzazioni si rivolgeranno quando arriverà il momento di elaborare una visione per il futuro», afferma Petriglieri.
C’è un altro esempio di leadership che sta emergendo oggi: quello basato sui valori dell’umanità e della gentilezza. In un mondo alle prese con un lungo post-pandemia, nuove sfide economiche, culturali e ambientali, è determinante definire come riprogettare i rapporti tra leadership e collaborazione, tra talento delle persone e aree aziendali. La cultura aziendale sarà sempre più improntata a un concetto di una ‘leadership gentile’, una leadership di potenziamento delle persone fondata sulle soft skills, che si dovrà abbinare alle hard skills che le aziende già possiedono».
È un passaggio dall’io al noi, in cui il leader si sposta dal "command and control" – votato al mero raggiungimento di risultati – a un modello di guida attenta alla relazione, alla fiducia, al rispetto del talento di ogni persona, pur senza dare meno importanza al raggiungimento degli obiettivi. «L’attenzione sarà volta alla ‘cura delle persone’, dando ascolto e aiutando le persone a cogliere le opportunità della trasformazione che stiamo vivendo», scrive Stratta. «Il ruolo del manager si trasforma nel compito di accompagnare le persone nel percorso professionale che consente a ciascuno di mettere in campo le proprie passioni, aiutando le persone e i team a posizionarsi nel contesto che consenta loro di far fiorire i propri talenti».
Di leadership "umana" ha parlato invece Simon Sinek, saggista, motivatore e consulente di marketing, in libri come "Start with why" e "Leaders eat last". Un passaggio per tutti (tratto da quest’ultimo volume) ne illustra chiaramente i concetti del "perché" come domanda centrale e del leader aziendale come "colui che si cura delle persone": «Quando i nostri leader ci danno qualcosa di nobile di cui far parte, ci offrono un obiettivo convincente o un perché dovremmo venire al lavoro e qualcosa che resti anche dopo di noi, ci sembra di avere il potere di fare la cosa giusta quando sarà il momento, anche se all’inizio ci costerà sacrifici. E quando un leader si assume la sua responsabilità di curarsi delle persone invece di curarsi solo dei numeri, allora le persone lo seguiranno, risolveranno i problemi e faranno in modo che la visione del leader diventi realtà nel modo giusto e duraturo, non in quello comodo e superficiale».